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KITA

  • Irene e Lucia
  • 15 apr 2020
  • Tempo di lettura: 2 min

Aggiornamento: 10 giu 2020

Un'accattivante filastrocca per spiegare al tuo bambino il ciclo dell'acqua

Questa filastrocca è disponibile in questi formati: testo, libro illustrato. Li trovi entrambi qui sotto.








Kita, il fiume della vita

Io, frizzante e cristallina,

alla fonte son bambina.

Nasco un giorno tutt’a un tratto

tra due rocce, di soppiatto…

ma in silenzio non so stare:

io mi metto a zampillare!


Son felice, son veloce

scorro ai piedi di un bel noce;

birichina, tutto pepe,

sono arzilla tra una siepe:

“Ora salto dalle rocce!”,

“Guarda, schizzo tante gocce!”.


In tre balzi ed un saltello

io divento già un ruscello.

Non son più tanto piccina:

da curiosa signorina

sto lasciando cervi e monti

per cercar nuovi orizzonti.


Guardo: a destra c’è un mulino

e a sinistra un agnellino;

un po’ a sud vedo una torre

ed un altro fiume scorre:

affluente oppure no?

A scoprirlo proverò!


È così che io, l’audace,

non potendomi dar pace,

sono corsa ad affrontare

questa sfida secolare…

e più in basso, ecco, che mito,

l’altro fiume a me s’è unito!


Ma non passan due respiri

che già nuovi capogiri

mi sconquassano monelli:

ho la febbre e i mulinelli!

L’idroelettrica centrale

lungo il mio più bel canale


mi punzecchia le banchine

con le sue mille turbine.

La paura si fa truce:

qui è saltata anche la luce!

Son finita in un condotto

dal diametro ridotto:


per poterci entrare tutta

devo far per forza in fretta.

Chiudo gli occhi e a bassa voce

faccio il segno della Croce:

“Che il buon Dio lassù mi aiuti

ad uscir da questi imbuti!”.


Come se un orecchio teso

mi togliesse questo peso,

prendo al volo del coraggio,

caccio l’urlo: “All’arrembaggio!”:

con un pieno d’energia

in un lampo scappo via!


Son di nuovo all’aria pura;

guardo intorno la radura;

vedo tanti gelsi in fiore,

pieni di succose more,

e dei boschi mozzafiato:

“Che pericolo ho scampato!”.


Per la strada sto crescendo

e più lenta mi distendo:

la discesa è ormai pianura

e, allargando l’andatura,

mi dirigo verso il mare,

verso il mio più grande amore.


Impetuoso, fragoroso,

se in tempesta maestoso!

Poi col sole strapotente

in estate è divertente…

Ecco al fin della mia gita

trovo l’uom della mia vita;


viene incontro alla mia foce e

sento chiara la sua voce:

“Per meandri non curvare,

corri dritta sul mio altare!”

E così, gioiosa e svelta,

già lo abbraccio nel mio delta!


Me lo sposo in un momento,

in un giorno di gran vento.

Tante barche a vela ho addosso,

dal solletico mi sposso;

ecco: inarco la mia schiena

che diventa un’altalena;


poi comincio a starnutire e

odo il cielo e il suo ruggire:

con la schiuma, che baccano!,

cado su un catamarano.

Chissà mai se il temporale

non mi porti anche a emigrare?!


Le mie onde fanno un balzo

mentre un bimbo gioca scalzo

col secchiello e la paletta,

ed ormai che son vecchietta,

io sorrido a ricordare

quella fonte zampillare.


La mia vita è ormai passata

sicché sono evaporata;

ma la fine è stata bella:

son salita su una stella

e poi sono scivolata

su una nuvola incantata


stratiforme, giammai stanca,

vaporosa e tutta bianca.

Ho sostato su un’altura

finché la temperatura

e la stagione delle nevi,

delle chiome calve, lievi,


mi hanno fatto volteggiare

e, fioccando, giù danzare.

Son tornata lenta in basso

manto candido su un sasso,

e infin, sciolta in primavera,

in questa magica atmosfera…



…son tornata ad esser Kita:

io, il fiume della vita!








 
 
 

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